25 dicembre 2009

Woland

E' bastato un solo giorno per cambiare la mia prospettiva.
Ieri mi sono alzato dal letto e avevo davanti 14 ore da riempire in qualche modo. Oggi non sono nemmeno sicuro di avere il tempo per buttare giù due righe sul mio blog.
Che è successo? Semplicemente ieri ero un disoccupato, oggi ho una specie di lavoro part-time, anzi due. La ragazza che puliva la cucina qui all'ostello se n'è andata prima del tempo ed io ero il primo della lista tra i backpackers che hanno voglia di risparmiare qualche soldo lavorando nell'ostello.
Job's mine, un'oretta e mezza di pulizie generali quando tutti han finito di mangiare e vanno a divertirsi. Io non ho bisogno di divertirmi. Mi basta avere un letto gratis, qualcosa da mangiare e gente con cui chiacchierare quando non sto surfando o non c'è Dexter a tenermi compagnia.

Passa tutto comunque in secondo piano a fronte dell'altro lavoro che mi hanno affibbiato, e cioè fare l'autista del pulmino che va da qui alla stazione dove partono gli autobus per Sydney e Brisbane. Carica altisonante. Il vecchio autista è malato e hanno bisogno di un sostituto fino alla prima settimana di gennaio. A quanto pare sono l'unico con una patente valida qua dentro, quindi non c'era molta scelta. Faccio avanti e indietro tre volte al giorno, un'oretta e mezza in tutto, e becco venti dollari. Niente di cui lamentarsi, anche perché è molto più di quello che spendo quotidianamente per mangiare.
Faccio l'autista. E' l'ultimo lavoro che avrei pensato di poter fare nella mia vita. Io che sulle strade ho l'autorità di un pesce d'aprile, che ho un collasso nervoso se sono costretto ad avventurarmi nei vicoli di Milano dopo il vespro. Io che non ho nemmeno più un auto, visto che la mia storica Clio è stata rottamata non più tardi di due settimane fa.
Antologico il momento in cui arriviamo vicino all'ostello e cerco di scimmiottare la voce del vecchio che guidava il pulmino prima di me. And here we are in our neighborhood. On your right you can see a pub, a few shops and a selection of restaurants. You might wanna check them out (strizzata d'occhio). The beach is 150mt straight beyond the roundabout. Some more shops coming now... Impostato, quasi caricaturale, rischio di scoppiare a ridere durante ogni singolo viaggio.

Mettere in scena uno spettacolo, raccontare una storia che è mia solo in parte: l'unico modo che conosco per stare al mondo. Non è poi così male.

16 dicembre 2009

Paddy Cole

Coffs Harbour, oceano.


Ebbene oggi mi hanno spostato in quella che sarà la mia camera per le prossime 3 o 4 settimane, diciamo casa mia. Un ostello YHA funzionale, un po' anonimo forse, ma con personale oltremodo disponbile. In questa mia nuova camera risiedono molti tra coloro che lavorano per l'ostello. Al momento gli inquilini sono i seguenti:

- Anthony: panzone di Bristol City (vi ricordo sempre che in slang britannico bristols significa tette, perché pare le locali siano ampie in décolleté), rossiccio di capelli, parlantina vivace. Epitome del bonaccione, si mangia più parole che panini (e ho reso l'idea) rendendomi la comprensione della sua loquela impraticabile. Dalla stazza e dai primi pisoli pomeridiani lo temo russatore d'eccezione.

- Paddy Cole: nome che assomiglia a un supermercato, viso levigato dall'esperienza, questo nonno di 77 (settantasette) anni ha bisticciato con la figlia che abita a Brisbane e si è messo in viaggio verso Melbourne, dormendo negli ostelli. Ah, lui era venuto qua dall'Irlanda per farle visita. Scuola d'inglese barocco, sarà la mia famiglia a natale.

- Innominato numero 1: emo kid canadese (dell'Ontario) sui 20 anni, è qui da qualche settimana per risparmiare grana. Molto affabile, molto comprensibile, fatico solo a comprendere che cosa faccia qui oltre che pulire le stanze (visto che non surfa). Comunque un'ottima compagnia per i pomeriggi di bonaccia.

- Innominato numero 2: kiwi, approssimativamente la mia età, ha surfato anche in acque semi-antartiche. Uno di quei tipi che sembra sempre nel posto giusto al momento giusto. Arrivato qui per starci il tempo di un tube, ha trovato casualmente due lavori in mezza giornata. Easy, sgamato, presumo bevitore difficilmente contrastabile.


Dopo natale prenderò il posto di Anthony come impiegato all'ostello. Se non ho capito male, pulisce i cessi. Poteva andarmi meglio (camere) o peggio (cucina). Da quanto mi hanno detto in un'ora e mezza il lavoro quotidiano è fatto, quindi davvero no worries.

Altro da dire non credo ce ne sia. Un mesetto di cazzeggio, surf e chiacchiere con gente che se ne andrà due giorni dopo.

14 dicembre 2009

Dove ho lasciato pupazzi di neve?

Scrivevo qualche giorno fa:


Nient'altro che prati. Prati e boschi a perdita d'occhio.
Fa un freddo europeo in questo treno, si sente quasi odore di dicembre. Ho addosso felpa e windjacket, le cuffie in testa anche quando non ascolto musica, 19 dollari e 95 centesimi di scarpe nuove ai piedi. Perlomeno hanno ancora la suola e non passano spifferi da sotto. L'aria condizionata potrebbe essere il mio peggior nemico in assoluto e qua intorno sembra che parecchia gente condivida la perplessità per questo clima artificiale. Vedo maglioni, coperte di lana, soprabiti. Fuori ci sono 25 gradi almeno.

Cinque ore di treno e ne mancano altre tre per arrivare a destinazione, Eungai Creek. M'immagino un ruscello e qualche casa messa lì intorno, pecore, colline, profumo di foglie al suolo. E un'anestesia sonora da cui ci si risveglia quando si cominciano a riconoscere le voci dei singoli animali.
Ad ogni modo, il piano è quello di stare in giro un mesetto e mezzo, risalendo la costa fino a Brisbane e lavorando in qualche fattoria per risparmiare qualche soldo in vista dei viaggi futuri. Se poi ci scappa qualche giornata di surf in mezzo tutto di guadagnato. Basterebbe anche poter nuotare nell'oceano un paio di giorni la settimana.

Ho lasciato Sydney come si lasciano le vacanze estive da bambini. E' un posto che quasi chiamavo casa. Avevo qualche amico e un paio di posti tutti miei in cui andare quando volevo il silenzio come unico compagno di viaggio. Avevo dei rituali, come la partita NBA appena sveglio o la sosta in palestra prima di cena. Quei rituali freschi che non sanno ancora di routine ma che danno un ordine alle nostre vite. Le semplificano, forse le rendono anche prevedibili. Possibile che me ne vada anche per questo. Ma so che ci tornerò, che rivedrò quelle facce che mi hanno reso felice per qualche istante, dopo averne scoperte altre in questo mese e mezzo di viaggi in treno e terra tra le mani.

Prati e boschi. E il mio dicembre che ci corre in mezzo.



Tutto molto poetico. MA.
Ora è tutto svanito. Sono stato letteralmente cacciato dalla fattoria in cui avrei dovuto soggiornare per almeno un paio di settimane. La ragione è che la padrona di casa si sentiva svuotata di energie quando mi trovavo accanto a lei, ero fonte di problemi e preoccupazioni. Mi ha portato all'ostello più vicino augurandomi buona fortuna. Fortuna? Avevo bisogno di altro in questo momento: un po' di comprensione, qualche pasto frugale, una famiglia per Natale.
Non sono particolarmente scosso dal dover riprogrammare la mia strada da qui a fine gennaio, quanto dal motivo per cui sono stato mandato via. Non mi reputo perfetto, ma credo di essere una delle persone che causano meno problemi tra tutte quelle che conosco. Mi adatto praticamente a qualsiasi situazione, tengo le mie cose e i miei pensieri per me, raramente chiedo l'aiuto degli altri. Dove ho sbagliato? Se c'è una cosa con cui non riesco a convivere è il fallimento, la certezza di aver deluso chi mi stava vicino. E qui non c'è altro modo di vederla, nessuna scorciatoia: ho fallito.

Qualche scarafaggio si balocca con i lacci del mio zaino. Dopo aver visto un'orda di mosche grosse come calabroni coprirmi le braccia mentre lavoravo nella foresta, e canguri bere in una pozza a dieci metri da dove dormivo, e mini-draghi di Komodo scorrazzare per l'ostello qui a Bellingen, uno scarafaggio sembra quasi una presenza rassicurante. Mi ricorda casa.